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La buona stella di Lady D

Diana era l’essenza stessa della compassione, del dovere, dello stile, della bellezza. In tutto il mondo era considerata simbolo di umanità ed altruismo, portabandiera dei diritti degli oppressi. Una ragazza tipicamente inglese, che trascendeva la nazionalità; una donna dalla nobiltà innata, che andava oltre le classi sociali, e che ha dimostrato negli ultimi anni di non aver bisogno di un titolo reale per continuare a generare il suo particolare tipo di magia“.

Le parole del fratello Charles, durante il suo funerale, diedero voce al sentimento comune che legava il popolo britannico – e non solo – alla principessa Diana. A quasi vent’anni dalla sua tragica scomparsa l’astro della ‘principessa del popolo’ non perde la sua luminosità: un’icona di eleganza, compassione e determinazione, che occupa un posto ormai insostituibile nell’immaginario comune.

Diana Spencer entrò a far parte della famiglia reale a pieno titolo nel 1981, sposando il principe Carlo.
Bella, giovane, ben educata, dedita ai bambini che furono il suo più grande amore, colpì l’erede al trono inglese per la sua genuina bontà. Sebbene non fosse una reale esemplare, naturalmente poco incline alla rigidità del protocollo, conquistò il cuore di chiunque avesse il piacere di incontrarla o seguirla attraverso il piccolo schermo. La stampa fu una costante, durante e dopo il suo matrimonio, documentando la favola che si apprestava a vivere, il suo operato nel sociale, i suoi elegantissimi outfit, la relazione burrascosa con la famiglia reale, i suoi amori postumi e la fine, il 31 agosto del 1997.

I doveri reali e il suo impegno sociale la portarono letteralmente in giro per il globo: la popolazione l’adorava e aspettava trepidante l’arrivo della principessa, del suo caldo sorriso e i modi fermi ma gentili.
Fu madrina di numerosi eventi di beneficenza, contribuendo alla raccolta di fondi, visitò ospedali e scuole, incontrò malati, orfani, senzatetto, tossicodipendenti, appoggiò campagne di prevenzione dall’AIDS e la lebbra (solitamente ignorate dalla corona inglese), di tutela dei diritti civili e difesa degli animali.

La vita dopo il divorzio non fu affatto facile e generosa con lei, sotto l’occhio vigile della famiglia reale e dei media. Il suo ricordo è tormentato da una torbida speculazione sui fatti, sulla ricerca di prove, di dettagli scomodi. Tuttavia, per quanto ci si sforzi, non c’è luogo al mondo in cui in suo nome non si spenda una parola buona, un sorriso malinconico, un apprezzamento sincero. Fu difficile lasciarla andare e dopo la sua morte i cancelli di Kensington Palace, per settimane, furono adornati di fiori e messaggi di cordoglio. Diversi furono i memoriali a lei dedicati: il Diana, Princess of Wales Memorial Gardens (Regent Centre Gardens, Kirkintilloch), la Diana, Princess of Wales Memorial Fountain (Hyde Park, Londra), il Diana, Princess of Wales Memorial Playground (Kensington Gardens, Londra) e la Diana, Princess of Wales Memorial Walk (percorso tra Kensington Gardens, Green Park, Hyde Park e St. James’s Park, Londra). Altri due memoriali sono presenti all’interno dei grandi magazzini Harrod’s, all’epoca di proprietà del padre di Dodi Al-Fayed, con lei la notte dell’incidente: il primo è costituito dai ritratti della coppia dietro il bicchiere ancora sporco di rossetto, usato da Diana la sera del 31 agosto, e il presunto anello di fidanzamento; il secondo, “Vittime innocenti“, è una statua di bronzo della coppia che balla sotto le ali di un albatro. Anche il ponte dell’Alma a Parigi, ove persero la vita, è diventato meta di pellegrinaggio e tributo.

E’ la strana magia di Lady D, quella che suo fratello ha citato nel suo discorso commemorativo, quella che rende Diana una stella luminosa che, nonostante il tempo e il cielo grigio di Londra, non smette di brillare.

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