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MAI SENZA INTERNET: DIARIO DI UNA DIPENDENZA

6.35, trillo. Rimando la prima sveglia con gli occhi ancora chiusi.
6.45, alla seconda allungo una mano per prendere gli occhiali dal comodino, sbadiglio e scorro i messaggi di WhatsApp. Dal gruppo del venerdì i soliti deliri serali, il buongiorno della mamma e l’estetista che mi chiede di spostare l’appuntamento. Risponderó più tardi, alla fermata dell’autobus. È ancora troppo presto.
Controllo il suo ultimo accesso. 1.56? Con chi stava parlando?

Mi alzo e metto su il caffè, prendo il latte dal frigo e guardo le previsione del meteo. Pioverà. Apro l’app con gli orari degli autobus, tutto regolare. Facebook mi ricorda un post di due anni fa, vorrei non averlo mai scritto. Taggo le amiche in una foto indecente del liceo e faccio gli auguri di buon compleanno a quel tizio del mare, a Gallipoli, l’anno scorso. Poi doccia, la musica da Youtube, spero che i vicini gradiscano il buon giorno di Ligabue.

L’ombrello, lo smartphone, gli auricolari, la borsa. Alla fermata sbuffo e digito una risposta veloce ai precedenti messaggi, cancello l’sms del gestore telefonico sempre puntuale e mi scatto un selfie per la noia. Mi guardo attorno e due ragazzine fanno lo stesso. Il 175 arriva, timbro il biglietto e senza prestare troppa attenzione mi siedo e scorro la posta. Spam, spam, spam e qualche messaggio dal lavoro. Una partita a CandyCrush, mando la richiesta di vite agli amici.

Alle 13.00 pausa pranzo, riduco ad icona il file di word e accedo a Facebook dal pc dell’ufficio. Rispondo ai commenti sotto la foto, poi guardo i post della fidanzata del mio ex, mi guardo la maglietta e cerco sul cellulare il numero della palestra sotto casa. Prima magari chiedo a Sara se vuole venire con me, con un messaggio vocale, ‘che con l’altra mano sto già digitando la password del mio account. Shopping consolatorio online. Metto nel carrello due rossetti, una borsa e quelle scarpe blu che rimanderò indietro entro due giorni, dopo aver lasciato una sola stellina e un feedback negativo, se il 38 non veste davvero 38 come l’altra volta. La banca mi manda l’sms con l’ultimo saldo. Fine pausa.

Aspetto alla fermata, ha smesso di piovere. Aperitivo con le amiche, io si. io no, forse, alle sette? alle nove!, andata!.
Mi assale il dubbio, scrivo: tacchi?. Io si, io no, ma no. Allora si!. Mi mandano la posizione del locale, non la conosco, la carico sul navigatore. Arrivo. Saluti, ordiniamo?, si ma non bere subito, prima selfie. Instagram. Filtro, luce, taglia, hashtag, pubblica. E una per Snapchat? Sorridi. No, le orecchie da cane, no! Corona di fiori? Si ma che scriviamo? Bella questa canzone, come si chiama? Non lo so, oddio!. ShazamAllora? Ma è di Alvaro Soler!

Torno a casa, sbadiglio, metto il telefono in carica, accanto al letto. Mi strucco, do la buonanotte. Controllo gli ultimi accessi. Scorro la home: oh, ma come si è conciata? Lo voglio anche io quel cupcake! E se leggessi? Prendo il tablet, digito il titolo, segnalibro, abbasso la luminosità. Imposto la sveglia, 6.35. Buonanotte.

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